Indebitamento aziendale
un tabù da sfatare
Contrarre debiti di per sé non è qualcosa di negativo, anzi può diventare una leva di una corretta gestione aziendale. Occorre però che l’indebitamento sia coerente con l’impiego che se ne fa e sostenibile nel tempo in relazione alla propria redditività
di Franco Spinelli*
Tra i numerosi temi gestionali utili all’imprenditore per governare correttamente la propria attività, uno merita particolare attenzione, specialmente in tempi come quelli attuali in cui gli aspetti finanziari rivestono un ruolo primario: l’indebitamento aziendale.
So bene che la maggior parte dei piccoli e medi imprenditori florovivaisti la pensano “alla vecchia maniera” in merito ai debiti aziendali – ovvero non ne vogliono neanche sentir parlare, figuriamoci averne – ma in questo numero vorrei sfatare un tabù. L’indebitamento aziendale, se saputo governare, rappresenta una leva fondamentale per una corretta gestione della propria azienda e il presupposto per crescere.
CI SONO DEBITI E DEBITI
L’indebitamento aziendale consiste, in parole semplici, nella somma algebrica di tutte le posizioni debitorie che un’azienda ha nei confronti di terzi soggetti. In parole più tecniche, consiste nella somma di tutte le passività di natura determinata, esistenza certa, scadenza ed ammontare determinati.
In un’azienda florovivaistica i debiti più comuni sono nei confronti di: istituti di credito, fornitori di materie prime, enti previdenziali, dipendenti, erario, prestatori di servizi, soci stessi dell’azienda ecc.
È subito chiaro che all’interno del concetto di indebitamento aziendale – così definito – sono raggruppate diverse tipologie di debito, differenti tra loro sia per “origine-natura” che per “durata”. Vediamole nel dettaglio.
Innanzitutto i debiti sono classificati in base alla loro origine-natura. Essi, infatti, possono avere:
a) origine commerciale: sono i debiti sorti in relazione ad operazioni di acquisizione di beni e servizi (ad esempio i debiti verso fornitori);
b) origine finanziaria: sono i debiti sorti per prestiti e finanziamenti ricevuti (ad esempio i debiti verso un istituto di credito);
c) origine diversa: sono i debiti sorti per ragioni differenti dalle precedenti (ad esempio un debito nei confronti di dipendenti, verso l’erario ecc.).
In secondo luogo, i debiti sono classificati in base alla durata (scadenza): ovvero in base al lasso temporale previsto per il pagamento dello stesso. Ne deriva che i debiti possono essere a medio/lungo termine oppure a breve termine. Generalmente un debito a medio/lungo termine è un debito che deve essere pagato in oltre 12 mesi (non c’è un limite massimo), per esempio il debito nei confronti di un istituto di credito per un mutuo ipotecario a 10 anni oppure per un finanziamento chirografo a 3 anni ecc.
Al contrario un debito a breve termine è un debito che generalmente deve essere pagato entro 12 mesi (la distinzione comunque non è sempre netta). Alcuni esempi pratici sono il debito nei confronti un fornitore di materie prime, il debito nei confronti di un dipendente ecc. Esistono, infine, anche alcuni debiti senza scadenza e tipici esempi sono i debiti nei confronti di un socio dell’azienda per un prestito infruttifero oppure debiti infragruppo, ovvero tra società facenti capo ad uno stesso soggetto.
OCCHIO AI PASSI FALSI
Una volta capite le diverse tipologie di debito che costituiscono il totale dell’indebitamento aziendale, può essere più facile comprendere il motivo per cui l’indebitamento può rappresentare una leva imprescindibile per una corretta gestione aziendale.
L’indebitamento, di per sé, non è qualcosa di negativo, ma occorre che sia coerente con l’impiego che se ne fa e che sia sostenibile nel tempo in relazione alla propria redditività. Vediamo a proposito due errori molto comuni.
Primo errore. Il debito nei confronti di un fornitore di materie prime dovrebbe servire all’azienda per finanziare il proprio capitale circolante (magazzino e crediti commerciali), mentre il debito nei confronti di un istituto bancario per un finanziamento dovrebbe ad esempio servire per l’acquisto di capitale immobilizzato: ovvero per un bene la cui utilità si esaurisce in un numero di anni pari a quello per cui è stato acceso il finanziamento. In altri termini, un debito di origine commerciale non dovrebbe essere utilizzato per finanziare il capitale immobilizzato e un debito di origine finanziaria non dovrebbe essere utilizzato per finanziare il circolante.
In altri termini, il classico errore è finanziare con fonti a breve termine (debiti verso fornitori, verso dipendenti, verso enti previdenziali ecc.) impieghi a medio/lungo termine (investimenti in attrezzature, impianti, serre ecc.) e con fonti a medio/lungo termine (finanziamenti bancari) impieghi a breve termine (i fattori del ciclo produttivo quali: acquisto di materie prime, pagamenti stipendi ecc.).
Secondo errore. Come dicevamo, l’indebitamento non è un peccato di per sé, purché oltre che coerente con l’impiego che se ne fa, sia anche sostenibile nel tempo. Questo è un concetto più complesso, ma ugualmente importante.
Il punto è che il debito (qualsiasi origine abbia) deve essere estinto e per questo occorre che l’azienda abbia una redditività tale (e implicitamente la capacità di generare flussi finanziari positivi) da potersi permettere finanziariamente il rimborso nella scadenza stabilita.
Il debito, se non gestito correttamente, può rappresentare la rovina di un’azienda. Non dimentichiamoci, infatti, che per troppo indebitamento (il cui apice si manifesta quando un’azienda è incapace di adempiere alle proprie obbligazioni) un’azienda fallisce…
QUANDO “CONVIENE” INDEBITARSI?
Indebitarsi conviene se il rendimento del capitale investito in azienda (ad es: in materie prime, in strutture ecc.) è superiore al costo del denaro preso a prestito da terzi (ad es. da istituti di credito) o da sé stessi (ad es: l’imprenditore che investe del capitale proprio). In altri termini, prima di indebitarsi, occorre verificare mediante un piano di sviluppo che l’azienda, con le risorse prese a prestito, generi del reddito. Buoni punti di partenza per verificare la bontà di un piano di investimento (sia che si tratti di investimento in capitale circolante che in capitale immobilizzato) sono: la coerenza tra gli impieghi che si eseguono con le fonti di finanziamento e la verifica della sostenibilità del debito nel tempo.
Ultimo consiglio. Bisogna padroneggiare questi concetti, altrimenti fa bene chi la pensa ancora “alla vecchia maniera”: sicuramente non fa crescere la propria attività, ma nell’immediato per lo meno non genera danni.
Buon 2017 a tutti!
[Tratto da IL FLORICULTORE, Gennaio-Febbraio 2017]
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* PER SAPERNE DI+
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