Capsicum, che pianta!
Simbolo di una regione, la Calabria, il peperoncino è conosciuto fin dall’antichità per le sue proprietà benefiche. Un “tesoro rosso” che dal Nuovo Mondo, grazie a Colombo, è approdato sulle coste del Tirreno condizionando la storia e la cultura di un intero popolo. Nella tradizione calabrese, le fidanzate dovevano dimostrare di saper rigirare una frittata fatta coi “diavulicchi”
di Giovanni Sposato
Durante i suoi viaggi di esplorazione in Calabria tra il 1907 ed il 1911, lo scrittore inglese Norman Douglas (1868-1952) era particolarmente interessato al paesaggio selvaggio e lussureggiante di questa terra e agli abitanti molto laboriosi e pieni di vitalità. Douglas amava molto l’ambiente calabrese, pur aspro e difficile ed infatti alla fine del suo viaggio in questa favolosa terra annoterà in un suo libro “Vecchia Calabria” (titolo originale “Old Calabria”) tutto quello che incontrava durante le sue soste nei vari paesi dal mare alla montagna. A tutt’ora quest’opera letteraria viene giudicata come uno dei migliori libri di viaggio sulla Calabria. In questo libro Douglas cattura l’essenza del popolo calabrese, la sua cultura, i paesaggi, la storia ed il modo di vivere strettamente legato ai prodotti della natura. Da ricordare che a quel tempo la Calabria era considerata una terra dimenticata («a forgotten land»), ma Douglas con le sue descrizioni seppe giustamente valorizzarla anche attraverso la cucina che fa uso di ottime spezie di cui gli abitanti ne facevano largamente uso.
Si chiama peperoncino in quanto ha proprietà piccanti, altrimenti verrebbe chiamato peperone (ortaggio dolce). Il peperoncino in Calabria viene chiamato pipariddi, o meglio per non confondere pipariddi vruscenti; vruscenti in quanto dal gusto forte, pungente o meglio bruciante. In altre parti del mondo viene chiamato con diversi nomi: hot pepper, piment, paprika, chili, pimiento picante ecc.
Il peperoncino, originario del Sud America, fu introdotto in Europa da Cristoforo Colombo durante i suoi viaggi nel Nuovo Mondo. Appartiene al genere Capsicum della famiglia delle Solanaceae che include una vasta categoria di piante come ortaggi, ornamentali, medicinali ma anche piante velenose. Il peperoncino è parente stretto del peperone (da intendersi quello normale, dolce), pomodoro, patata, melanzana, petunia, tabacco e moltissime altre piante. In Calabria il peperoncino è diventato un ortaggio molto popolare sin dall’antichità. È facile da coltivare in quanto si trova praticamente nel suo habitat naturale. Gli abitanti lo coltivano per il suo sapore forte e piccante e si può trovare dappertutto dal mare alla collina, negli orti familiari, in piccoli appezzamenti di terreno, ma anche in vasi su terrazzi e balconi. Nel passato si vedeva sui davanzali delle finestre insieme all’aglio che veniva messo per tenere lontano le streghe ed i vampiri, mentre il color rosso acceso era simbolo di buona salute e proteggeva dal malocchio. Ma, soprattutto, alla contadina veniva comodo, mentre cucinava, stendere la mano e staccare uno spicchio d’aglio ed una bacca di peperoncino e speziare le pietanze dilettandosi nei vari gusti dopo una giornata di duro lavoro nei campi.
PROVA D'AMORE CON LA SOLANACEA
Secondo alcune tradizioni locali, in Calabria il peperoncino era un indicatore di vero e puro amore verso la propria compagna o compagno a cui si voleva bene. La ragazza si soleva dire che era “pronta per il matrimonio” se sapeva preparare una frittata (omelette) al peperoncino come pranzo iniziatorio al proprio ragazzo (fidanzato). Il ragazzo, naturalmente, se pienamente innamorato della ragazza, era obbligato a mangiare la frittata e sostenere in modo coraggioso la sensazione di bruciore provocata dal peperoncino, chiamata anche “Prova del diavolo”, e così poter dimostrare la sua abilità nell’affrontare le avversità della vita nel mondo reale, ma soprattuto questa prova iniziatoria era un mezzo per potere dimostrare un profondo e tenero amore per la sua dolce amata fanciulla. Anche una sfida alquanto complicata era pure riservata alla giovane donna che doveva sostenere la prova del salto della frittata. Questa era obbligata a cuocere la frittata equamente da entrambi le parti, cosa non certo facile in quanto bisognava far roteare la frittata in aria in modo che cadesse perfettamente nella padella dal lato giusto da cuocere. Non centrare perfettamente la padella dal lato giusto o peggio farla cadere sul pavimento della cucina, significava annullare il matrimonio in quanto portatore di disgrazie. Se la frittata roteava con successo e si adattava dalla parte giusta da cuocere veniva considerata matura per le nozze.
BIODIVERSITA' E FESTIVAL
Da giovane ricordo che le varietà di peperoncino coltivate erano tantissime, ora sono rimaste le principali. Nelle campagne ogni nucleo familiare era fiero di coltivare le diverse varietà di peperoncino dal frutto piccolo al medio, dal miniaturizzato al ciliegino od alla forma allungata e ovviamente dal medio piccante ad eccessivamente piccante, che rappresentavano il loro villaggio, comunità o regione; in pratica era una gara a chi producesse meglio ed avesse i peperoncini più piccanti (più diabolici). Generalmente le varietà a frutto più piccolo hanno l’aroma ed il gusto più forte, tipo diavoletti (diavulicchi).
Le migliori varietà di peperoncino coltivate a tutt’ora sin dai tempi antichi sono probabilmente i diavoletti (diavulicchi, little devils) e le ciliegine (cerasiddi, like small cherries). Entrambi i tipi sono tolleranti a cambiamenti climatici e cure diverse di coltivazione per cui la loro propagazione e successo si mantengono inalterati anche con il passare degli anni. Altre varietà di minore importanza hanno la forma e la grandezza di piccole bacche rosse. A volte i nomi cambiano da località a località, cosa abbastanza tipica anche nel resto d’Italia.
Oggigiorno, a causa del turismo e l’emigrazione, molte delle vecchie varietà sono scomparse o sostituite da altre di maggior consumo commerciale che si possono trovare in Calabria come in Lombardia. Ci sono anche ibridi o le varietà di Cayenne che producono frutti più lunghi e più grossi. Generalmente i piccoli coltivatori o le persone più avanti negli anni non sono disponibili a coltivare gli ibridi in quanto il seme dopo il primo raccolto diventa non riproducibile cioè sterile (si dice che non mantiene più le caratteristiche della pianta madre). Si preferiscono le varietà naturali con i loro semi biologici da tenere in casa di anno in anno per poi utilizzarli in primavera al tempo della semina.
Considerata la regione più speziata d’Italia, in Calabria si trova l’Accademia del Peperoncino con sede a Diamante, in provincia di Cosenza. In questa località sul mar Tirreno si svolge ogni anno, nel mese di settembre, il “Festival del Peperoncino” dove arrivano persone da tutta Italia e da diversi Paesi europei, tanti curiosi e “maniaci” del peperoncino. Nella cittadina ci sono diversi preparati gastronomici, mostre, convegni e tantissime iniziative organizzate dalle autorità locali.
UN TESORO SUL BALCONE
La primavera è il periodo migliore per seminare il peperoncino all’aperto. Tuttavia se si vuole assicurare una buona produzione per tutto l’anno conviene seminare in posti riparati dal freddo. Quindi interrare leggermente i semi in un buon terriccio organico e collocarli in un posto caldo e luminoso esposto al sole. L’ideale è avere una piccola serra per ottenere le future piantine che verrano poi messe a dimora in pieno campo o in vasetti per adornare anche i balconi delle case. Si consiglia di trapiantare all’aperto quando non esistono rischi di freddo o gelate. Da tenere in debita considerazione che una temperatura calda è il fattore base quando pianifichiamo di avere degli ottimi peperoncini dal denso colore e croccanti.
Sin dall’antichità il peperoncino è stato anche apprezzato per le sue proprietà medicinali: infatti migliora la circolazione sanguigna. Sicuramente la pianta di peperoncino rappresenta un tesoro se coltivata sul balcone, giardino o orto familiare.
[Tratto da "Il Floricultore", n. 4, Aprile 2014]