A Roma si sperimenta l’orto hi-tech per coltivare sulla Luna
Il progetto V-GELM, che coinvolge ricercatori ENEA e un team di studenti universitari, avrà quale teatro dei test il Centro Ricerche Casaccia, presso il lago di Bracciano
Ci vorrebbe tutta la fantasia di un romanziere come Jules Verne per immaginare di coltivare micro-verdure sulla Luna o in ambienti estremi come quelli polari. E forse non basterebbe neppure quella. Talvolta, però, sappiamo che la realtà arriva a superare perfino l’immaginazione. È il caso dell’orto high-tech allestito all’interno di una speciale “serra igloo” progettata per resistere a temperature molto basse.
La sfida lanciata da V-GELM (Virtual Greenhouse Experimental Lunar Module) – questo è il nome del progetto sperimentale – è di quelle che spostano più in là le ambizioni del genere umano. Il programma che animerà dal 10 al 19 luglio il Centro Ricerche Casaccia, il più grande complesso di laboratori dell’ENEA posto a nord-ovest di Roma, ha come obiettivo di sviluppare un modulo di coltivazione lunare coniugando tecniche idroponiche innovative a esperimenti virtuali per supportare la vita degli astronauti nelle future missioni di lungo periodo.
Corridoio di accesso alla serra lunare creato in realta virtuale
Interno del modulo serra lunare creato in realtà virtuale
Ricostruzione virtuale della crescita delle microverdure nel prototipo Hort3
Partecipano al programma un team composto di ricercatori ENEA e di studenti del Centro Interdipartimentale Territorio Edilizia Restauro Ambiente (CITERA) e delle Università Sapienza di Roma e della Tuscia.
V-GELM è stato selezionato tra i migliori progetti condotti da team universitari di tutto il mondo nell’ambito della missione IGLUNA 2020 dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Si articola in due fasi: la prima ha impegnato studenti e ricercatori, in collaborazione con Mars Planet Society, nella progettazione degli spazi tramite tecniche di realtà virtuale. Nella seconda entrerà in campo – ed è proprio il caso di dire così – l’innovativo orto dell’ENEA dove sarà saggiata la coltivazione idroponica di due particolari varietà di ravanello, Daikon e Rioja. All’interno di una particolare tenda denominata “EGG” per la sua particolare forma a uovo, realizzata dall’Università degli Studi di Milano, le micro-verdure raggiungeranno lo stadio di crescita ideale alla consumazione nel giro di 10-15 giorni.
«Si tratta di un sistema di coltivazione fuori suolo con riciclo di acqua, senza l’utilizzo di pesticidi e di agrofarmaci», spiega Luca Nardi del Laboratorio Biotecnologie ENEA, «in grado di garantire ai membri dell’equipaggio impegnato nelle missioni spaziali cibo fresco di alta qualità e corretto apporto nutrizionale senza dimenticare il beneficio psicologico dato dalla crescita delle piante in ambienti confinati, come quelli delle future basi extraterrestri o anche in ambienti estremi, come i deserti caldi e freddi».
Torneremo sulla Luna? Invieremo equipaggi su Marte? Se sì, è molto probabile che lo faremo con un occhio più attento alla sostenibilità. E le piante a tal riguardo giocheranno un ruolo centrale.
Michele Mauri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ARTICOLI CORRELATI |
Insalata made in Italy in orbita nello spazio
Ricerca: ecco Noemi, il gene che addolcisce gli agrumi
Fiori + blu, agrumi + aspri: sono responsabili gli stessi geni
Fiori dai mozziconi? L'Italia lancia la sfida
Dallo studio delle piante carnivore nuovi materiali per la robotica leggera
La coltivazione delle piante nello spazio, un futuro possibile e necessario