Ecobonus: il Parlamento si tinge di verde
“Il paesaggio chiama” e la politica sembra finalmente rispondere alla richiesta di includere nella prossima Legge di Bilancio misure agevolate per dare nuova linfa al comparto florovivaistico. «600.000 posti di lavoro perduti nell’edilizia possono essere recuperati nell’ambiente», ha affermato Ermete Realacci, presidente Commissione Ambiente della Camera
Di misure agevolate per le aree destinate a verde privato nei centri abitati s’è discusso ancora il 27 settembre alla Camera dei Deputati, in un’iniziativa promossa dal Coordinamento Nazionale della Filiera del Florovivaismo e del Paesaggio (CNFFP). Durante l’incontro sono state presentati tre disegni di legge a firma dei parlamentari Maurizio Bernardo, Edoardo Fanucci, Ermete Realacci, Veronica Tentori e Gianluca Susta.
«Siamo partiti nel 2015», ha ricordato Nada Forbici, presidente di Assofloro Lombardia e membro CNFFP «nel chiedere sostegno al Governo per un settore minacciato da lavoro nero (+166% negli ultimi 15 anni), mercato interno asfittico e barriere all’esportazione basate su pretestuose argomentazioni fitosanitarie».
Un lavoro paziente, fatto di alti e bassi, speranze e delusioni, ma che col tempo ha permesso di aggregare un numero sempre maggiore di forze, competenze e sostenitori. L’azione di sensibilizzazione svolta dal CNFFP è proseguita senza sosta fino a raggiungere quelle che tradizionalmente vengono definite le “stanze del potere”: «Siamo fiduciosi che nella prossima Legge di Bilancio siano inserite le misure per dare nuova linfa al comparto florovivaistico», ha affermato Forbici dopo l’incontro di Montecitorio.
«Si tratta di un comparto che genera 2.5 miliardi di Euro, conta 27 mila aziende, dà lavoro a 180 mila addetti, occupa 29 mila ettari con produzione ad alto valore», ha sottolineato Ferdinando Ferrara, capo di Gabinetto del Mipaaf.
Le premesse per far sì che il provvedimento passi questa volta ci sono tutte. Anche perché, come ha precisato Maurizio Bernardo, presidente della Commissione Finanze della Camera, «lo spirito della proposta di legge presentata ricalca quello delle ristrutturazioni edilizie: creare nuova occupazione, far emergere il lavoro nero e combattere l’evasione fiscale».
«Il traguardo di trasformare le proposte di legge in proposta emendativa è sempre più vicino», ha continuato Gianluca Susta, componente Commissione Finanze del Senato. «Un traguardo che rappresenta l’inizio di un percorso che deve portare il provvedimento a diventare stabile nella legislatura Italiana».
Ai promotori in questo momento non importa tanto l’importo della copertura finanziaria del provvedimento, quanto affermare il principio che anche il verde merita attenzione e sostegno. «L’emendamento alla prossima legge di Bilancio», ha chiarito Edoardo Fanucci, vicepresidente Commissione Bilancio «è un inizio necessario che ci aiuterebbe a far emergere e quantificare quei fenomeni indiretti che non possono essere computati, secondo le regole di bilancio, a copertura del provvedimento».
«Questi effetti indiretti per incidere devono diventare numeri», ha sottolineato Massimo Atelli, magistrato della Corte dei Conti. «È grazie agli scienziati e agli algoritmi creati che possiamo tradurre l’impatto del verde, anzi della sua assenza, sull’inquinamento, il clima, la salute pubblica in termini economici. Perché è di politica di finanza pubblica che stiamo parlando».
Secondo dati diffusi durante i lavori da Lucio Zinni, dell’esecutivo della Società Italiana di Medicina Generale, su studi condotti nel 2015 dal Global Burden of Diseases che ha stimato il carico di malattia attribuibile a 79 fattori di rischio in 195 paesi dal 1990 al 2015, l’esposizione all’inquinamento atmosferico aumenta la mortalità, la morbilità e riduce l’aspettativa di vita. L’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico delle particelle fini (PM 2,5) ha causato nel periodo preso in esame 4 milioni di morti (7,6% della mortalità globale) e si è "classificato" al quinto posto tra i fattori di rischio globale nel 2015. «Di contro abbiamo il verde che produce mitigazione della CO2, dell’isola di calore, degli inquinanti gassosi e del particolato atmosferico (PM)».
«Mediamente, un bosco urbano può rimuovere 2-5 t/ha/anno, per un valore economico di 2.300-6.000 Euro», ha rilevato Rita Baraldi, ricercatrice CNR. «La vegetazione urbana e peri-urbana può
abbattere fino al 3% di CO2 emessa dal traffico autoveicolare. Gli alberi possono ridurre la temperatura dell’ambiente di 1-3 °C, determinando un risparmio energetico per il raffreddamento e riscaldamento degli edifici fino al 30-40% quantificabile in un valore economico medio di 18 €/albero/anno. E ancora, la vegetazione urbana e/o peri-urbana rimuove dall’atmosfera fino a 161 kg/ha/anno di PM10, con beneficio economico stimabile di circa 5.500 Euro/t di PM10».
Insomma, si respira aria nuova fra le aule del Parlamento e questo orientamento sembra riassunto in modo efficace dalle parole di Ermete Realacci, presidente Commissione Ambiente della Camera, che ha dichiarato di voler proporre «un comma aggiuntivo al decreto sulle ristrutturazioni edilizie». Ha detto che «è finito il tempo del consumo di suolo ed è tempo di rigenerarlo e che i 600.000 posti di lavoro perduti nell’edilizia possono essere recuperati nell’ambiente».
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