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Il più bel regalo di Natale

 di Anny Pellecchia

 

Il presepe e il Bambinello sono due punti di riferimento, coordinate geografiche della mia esistenza. Il primo è legato alla più sbalorditiva e pittoresca strada al mondo dedicata all’arte presepiale: San Gregorio Armeno a Napoli. Per ogni famiglia partenopea il Natale è anche una visita alle botteghe degli artigiani dove si possono trovare, oltre ai pastori, tutti gli elementi per arricchire di particolari il proprio presepe. In questa via il mondo diventa lillipuziano, la fantasia di un bambino come quella di un adulto può credere all’incredibile e vedere l’invisibile riavvicinandosi al divino. Nelle innumerevoli botteghe è possibile toccare una storia fatta di terracotta che ha origini lontanissime e che risale addirittura al V secolo a.C. quando si creavano statuine raffiguranti divinità pagane.

La “passeggiata a San Gregorio Armeno” era per me e mia sorella Olimpia anche il regalo di nostro padre per il giorno della Befana, finito ormai il tour de force del lavoro natalizio in negozio.

Il Bambinello invece, dallo sguardo dolce come una mandorla, adagiato in una culla impreziosita da pizzi, ricami, perline e fiorellini di stoffa, veniva esposto in casa per tutto il periodo natalizio fino alla Candelora. Vigeva il divieto assoluto di toccarlo e, quindi, di giocarci. Fu regalato a mia madre da un’amica di Pompei, Maria Rosaria Nastri. Ricordo ancora le sue parole mentre le porgeva quella meraviglia: «Filomena, tienilo caro, è benedetto, le suore di Pompei hanno decorato la culla». Potete immaginare le mie ore di contemplazione e l’immaginario di giochi infiniti dinnanzi a quella Natività.

Il gusto e l’accortezza degli italiani per la decorazione è davvero ben rappresentata sia nel presepe che in quella della preparazione della culla o del cuscino dove il Bambinello viene adagiato. La vena artistica italiana è chiaramente nel nostro DNA e inesauribile continua a vivere nonostante le avversità. Sono convinta che l’unica possibilità di rinascita per l’amato Paese è proiettarsi nel futuro restando ancorati alla nostra grande tradizione.

Si può sempre rimanere se stessi trasformando in qualcos’altro ciò che ci circonda! E ciò che ci circonda si è ampliato. Per esempio nel nostro settore florovivaistico gli arrivi dal Nord Europa di nuove produzioni sono infiniti. Meravigliose le mini piante di ilex, poinsettie, conifere, per non parlare degli hellebori dai fiori bianchi, viola, verdi…e che dire del muschio? Arriva così ben confezionato nelle cassette ai mercati generali da sembrare stoffa pregiata! Pedane di legno alte due metri stracariche di abete argentato vengono vendute in balle da 10-15 rami ognuna. Morbido, profumato, non cade un ago tanta la resina di cui si è nutrito. Tutti questi elementi si trasformano spontaneamente in splendide scenografie vegetali per originali presepi. I pastori, sia che siano di terracotta o di vetro soffiato veneziano o di legno della Val Gardena, acquistano una freschezza nuova in uno scenario vivo e odoroso. I clienti sono davvero entusiasti e ogni anno ritornano in negozio per acquistare un presepe già pronto o non disdegnando il fai da te, scelgono le cultivar più indicate.

Tornando alle suore, quelle del duemila non ricamano più! La divina provvidenza però, anni fa, mi condusse per puro caso in un mercatino di Natale, dove rimasi letteralmente senza fiato dinnanzi allo stand di Sara De Rosa. Lei, una bella ragazza napoletana, gira per i mercatini del Sud Italia confezionando ad arte cuscini di pizzo e culle per Bambinelli. Questa volta nessun divieto mi fermò! Volevo unire la cultura delle nostre mani femminili e decisi di arricchire quel Bambino divino per renderlo propizio alla vita. Ma cos’è che nasce, muore e resuscita nel corso dell’anno come nostro Signore se non i semi? L’effetto finale è davvero interessante. Bacche di agrifoglio, vischio, pungitopo, noci, fette di agrumi, datteri, anice stellato, pigne, melograni ecc. creano una cornice, un ricco festone, che ricorda quelli che si ritrovano negli affreschi pompeiani anche perché, si sa, “Tutto ciò che porta seme porta bene” come dicevano gli antichi greci e latini!

Mi piace pensare che in questo nuovo secolo fatto di tecnologia, sapere scientifico, arredi supermoderni, il Bambinello Gesù possa ancora entrare nelle nostre case. Guardandolo potremmo allontanare tutti i pensieri che non riusciamo a dimenticare, facendo una cosa semplice, semplicissima: cantare una ninna nanna. Già, una ninna nanna, l’unico gioco permessomi da mia madre davanti al nostro Bambinello: “Viene suonno da lo Cielo. Viene e adduorme ’sto Nennillo. Pe’ pietà, ca è peccerillo. Viene suonno e non tardà. Gioia bella de ’sto core, vorria suonno arreventare. Doce, doce, pe’ te fare st’uocchie belle addormentà” (“Quanno nascette Ninno”, pastorale settecentesca di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, 1758: “Vieni, sonno, giù dal Cielo. Vieni e addormenta questo Bambinello. Per pietà, perché è piccolino. Vieni sonno e non tardare. Gioia bella di questo cuore, vorrei diventare sonno, per farti addormentare dolcemente questi occhi belli”). Buon Natale a tutti!

Anny Pellecchia

>> Cresciuta nello storico negozio di fiori di famiglia a Salerno e in un giardino incantato realizzato da mio padre Ugo Pellecchia non potevo che continuare la tradizione e scrivere le mie "Riflessioni tra i fiori" per Il Floricultore. Perché il mondo del verde ha sempre qualcosa da raccontare!

       

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